Le norme per realizzare un impianto idraulico sono dettate dal DM n. 37 del 2008, emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico, che ha uniformato in un unico impianto legislativo le varie normative precedenti. Esso tende a fare maggiore chiarezza sulle responsabilità, ed a prevenire eventuali danni causati dal cattivo funzionamento di un impianto idraulico non realizzato a regola d’arte.

 

In realtà in questo ambito sono presenti diverse direttive importanti, stilate per prevenire danni, oppure incidenti anche abbastanza gravi. In questo articolo, realizzato assieme ai tecnici del servizio di pronto intervento idraulico Milano, andremo ad analizzare le più importanti.

Impianti idraulici: normative europee e requisiti tecnici

Un impianto idraulico per essere considerato a norma di legge, deve rispettare le caratteristiche tecniche ed i parametri definiti da diverse norme tecniche. Una delle più importanti è la norma UNI EN 9182, in vigore dal 2014, che stabilisce i criteri di progettazione, installazione e collaudo per gli impianti di alimentazione e distribuzione di acqua fredda e calda.

 

Questa norma regola, oltre ai requisiti tecnici ed ai materiali che devono essere utilizzati, anche le dimensioni che gli impianti idraulici devono avere, sia per quanto riguarda l’acqua potabile che per quella non potabile.

 

Stabilisce i criteri di progettazione da adottare e gli spazi minimi da rispettare tra gli apparecchi sanitari di un bagno, ad esempio. La norma tecnica UNI EN 9182 del 2014, sostituisce di fatto la UNI EN 9182 del 2010, facendo chiarezza e rimpiazzando le diverse regole precedenti, e fornendo inoltre indicazioni precise concernenti anche l’installazione ed il collaudo degli impianti.

 

La norma tecnica UNI EN 9183 invece, stabilisce i criteri per progettazione, realizzazione e collaudo degli impianti di scarico delle acque reflue, stabilendo anche precisi limiti di pressione che l’acqua non deve superare nei sistemi di scarico.

 

Questa norma stabilisce chiaramente che ogni sistema di scarico, per poter essere considerato in regola, sia corredato di opportune tubazioni che consentano l’afflusso di aria ai sifoni ed alle colonne, e che si mettano in campo tutti gli accorgimenti atti a non creare ingorghi o anomalie di funzionamento. Gli stessi impianti di scarico devono essere dotati di punti che permettano una regolare ispezione per prevenirne eventuali malfunzionamenti e consentirne il ripristino in tempi brevi.

Cosa prevede il D.M. n. 37 del 2008

Qualsiasi unità abitativa, per poter essere utilizzata come tale, deve avere il certificato di abitabilità rilasciato dal Comune in cui è ubicata, che ne attesta l’idoneità. Perché venga rilasciata questa importantissima attestazione, è indispensabile che un’abitazione abbia gli impianti fondamentali realizzati a regola d’arte e a norma di legge.

 

L’impianto idraulico al pari dell’impianto elettrico, sono fondamentali. Per prevenire gravi incidenti e danneggiamenti (in passato molto frequenti), all’interno di singole abitazioni o condomìni, la normativa ha previsto, a tutela della collettività, una serie di disposizioni riguardanti la realizzazione degli impianti.

 

Il D.M. n. 37 del 2008, stabilisce che gli impianti idraulici debbano essere realizzati da professionisti abilitati e regolarmente iscritti presso la camera di commercio competente. L’idraulico professionista o l’impresa che effettua l’impianto idraulico, deve rilasciare l’attestato di conformità dello stesso al termine dei lavori.

 

L’attestazione di conformità dell’impianto, oltre all’assunzione di responsabilità da parte dell’impiantista, deve essere corredata della planimetria dell’impianto comprensiva di tutte le sue parti, e la relazione sul materiale utilizzato per ogni singola parte. La dichiarazione di conformità dell’impianto idraulico costituisce parte integrante del progetto di costruzione o ristrutturazione di un’unità abitativa o delle parti comuni di un condominio, e va allegata alla pratica edilizia per la richiesta del certificato di abitabilità, che deve essere presentata all’ufficio tecnico per l’edilizia del Comune di competenza.

Come funziona lo sfratto e quando può essere eseguito

Ci sono vari motivi per cui un locatore può richiedere lo sfratto del conduttore occupante l’immobile dato in locazione, e tali motivi sono stabiliti dal codice civile. L’articolo 2930 del codice civile stabilisce infatti: “che in caso di inadempimento a fronte dell’obbligo di consegna di una cosa determinata, mobile o immobile, l’avente diritto può ottenerne il rilascio forzato secondo le norme del codice di procedura civile.” Da questa prendono le mosse i procedimenti per convalida di sfratto, contemplati dagli articoli 657 e successivi del codice di procedura civile.

Trattandosi di un atto giuridico, lo sfratto deve avvenire per vie legali, coinvolgendo quindi gli avvocati delle parti, e autorizzato da un giudice. Vediamo quand’è che un locatore può avanzare, nello specifico, la richiesta di sfratto e quali sono gli iter da seguire.

 

Quando è lecito richiedere lo sfratto

I motivi che mettono in condizione il locatore di sfrattare gli inquilini che occupano l’immobile sono sostanzialmente due, ovvero: la scadenza del contratto di locazione o in caso di morosità nei pagamenti. Altri fattori che possono aggiungersi ai due sopraccitati sono l’eventuale esigenza (motivata) del locatore di riappropriarsi dell’immobile dato in locazione o un mancato rispetto delle norme contrattuali da parte del locatario o dei locatari. Qualsiasi sia il motivo per procedere con lo sfratto, si tratta quasi sempre di un processo tumultuoso e articolato in più fasi che, per avere luogo, deve innanzitutto essere basato su un regolare contratto stipulato precedente tra locatore e locatario. Scendiamo un po’ più nel dettaglio.

 

Morosità, inadempienze contrattuali o necessità

Per morosità si intende il ritardo nei pagamenti del canone di locazione, fino ad accumulare un minimo di due mensilità arretrate (salvo diverse previsioni contrattuali a favore del conduttore). Per la precisione, nel caso si tratti di immobili ad uso abitativo, la legge prevede la possibilità di sfratto a partire dal 21esimo giorno di morosità oltre la data indicata per il versamento del canone di locazione.

Se invece il contratto di locazione è ancora in corso di validità e non risulta nessun ritardo nei pagamenti, lo sfratto si può richiedere nel caso in cui il locatario infranga una o più clausole previste dal contratto. Un esempio di inadempienza può essere l’attività di sublocazione se proibita dal contratto, o la violazione di eventuali norme condominiali o, ancora, danni all’immobile o un uso di questo non conforme al volere del locatore. In questo caso sarebbe più corretto parlare di risoluzione di contratto, ossia scioglimento, pur restando le procedure identiche a quelle di uno sfratto.

Infine, qualora il proprietario avesse bisogno di riappropriarsi dell’immobile ceduto in locazione per altri scopi (vendita dell’immobile, ad esempio) potrà avvalersi del “diniego di rinnovo del contratto di locazione”.

Quali spese bisogna sostenere

I principali costi da sostenere per portare avanti la procedura di sfratto sono innanzitutto le spese di giustizia, ovvero contributo unificato e marca da bollo. C’è poi da considerare la parcella da versare all’avvocato e le varie spese per le notifiche al conduttore. In ultimo, potrebbe esserci anche il costo dell’esecuzione forzata del rilascio, effettuata dal fabbro contattato o da un servizio di pronto intervento fabbro, come quello che trovi a questo link, il quale effettua questo tipo di interventi.